la nobile arte del calzolaio

 L’antica e nobile arte del calzolaio

L’attività di calzolaio è uno dei mestieri più antichi al mondo. Una di quelle professioni artigiane che nella società moderna stanno lentamente scomparendo. In passato le botteghe dei ciabattini, come erano chiamati una volta, erano considerate praticamente indispensabili: costruire delle scarpe era molto dispendioso a causa degli elevati costi delle materie prime, per cui era necessario ripararle più volte, cambiando le parti usurate e usando le scarpe fino ad esaurimento.


È all’epoca preistorica che risalgono le prime calzature, quando gli uomini iniziano a proteggere i propri piedi avvolgendoli nella pelle degli animali.
I greci e i romani, come testimoniano i numerosi affreschi, proteggevano i piedi con funzionali sandali, costruiti lavorando in modo eccellente il cuoio.


Nell'antica Roma, la calzatura rappresentava uno status-symbol, che consentiva di distinguere al primo sguardo un cittadino da uno schiavo (per lo più scalzo); e figura, infatti, nell’editto dei prezzi di Diocleziano, fra i beni di consumo più importanti. I nobili indossavano, abbinati alla toga, i calcei, che coprivano il piede fino alla caviglia; i senatori sfoggiavano alti gambali di pelle nera e morbida, una sorta di stivali, chiusi lateralmente da quattro stringhe, in mancanza di una comoda cerniera zip. Ai vertici della gerarchia sociale, poi, spettava un tipo speciale di calceus detto mulleus, di un raffinato cuoio rosso; ai cittadini comuni, invece, il pero, in grosso cuoio tipico di contadini e montanari.


Nel Medioevo si diffusero sia calzature in legno che in cuoio e, nel corso del Quattrocento, in Europa, vennero prodotte delle calzature in stoffa, a punta, per arrivare poi al diciassettesimo secolo, quando furono create le prime scarpe con il tacco alto e i primi stivali.
 

 
Coprire i piedi con le scarpe, oltre ad essere una necessità, divenne sempre più un modo per esibire grandezza e potenza economica, e la fabbricazione delle calzature più importanti era riservata agli artigiani più bravi, che prestavano la loro opera artigianale in piccole botteghe, dove i più esperti si avvalevano della collaborazione di giovani aiutanti per la preparazione delle materie prime.
Le botteghe, oltre a fabbricarne di nuove, svolgevano anche il lavoro di riparazione delle parti consumate o usurate della calzatura, in quanto gli alti costi del nuovo non consentiva cambi troppo rapidi.
Nel Novecento, con la massiccia diffusione dell’industrializzazione, si assiste ad un importante cambiamento: con l’aumento della richiesta di nuovi tipi di scarpe, la produzione artigianale diventa produzione industriale. Il risultato è la lenta scomparsa di tutta una serie di abili artigiani costretti ad abbandonare le botteghe e a spostarsi nelle strutture industriali. Con la costante crescita dell’industria calzaturiera, il mestiere del calzolaio si ridusse, per quei pochi artigiani rimasti in attività, alla riparazione delle scarpe usurate delle fasce più deboli della popolazione.
 

Negli ultimi anni, tuttavia, nel nostro Paese si sta assistendo a un graduale rifiorire di antiche professioni andate in disuso. In un periodo di crisi economica come quello che si sta attraversando, il lavoro del calzolaio sembra stia silenziosamente tornando in voga. Secondo indagini condotte in questi ultimi anni pare che i giovani stiano riscoprendo con piacere gli antichi mestieri di un tempo e, tra quelli più popolari, c’è proprio la professione del calzolaio.
La ricerca della scarpa personalizzata, quella fatta su misura per le fasce più alte, ha contagiato molti personaggi dell’alta società. Ma anche le altre fasce della popolazione sembrano aver riscoperto i pregi del lavoro artigiano, iniziando a tralasciare l’anonima scarpa industriale.




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